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27 aprile 2016 3 27 /04 /aprile /2016 13:16

Non so perché ma in questo periodo sto rileggendo ciò che è successo in passato, in materia economica e sociale, per interpretare i numerosi segnali che mi possono permettere una previsione a medio termine.

Keynes resta un economista importante del passato. Nel 1933 su The Yale Review scriveva commentando la situazione economica in piena depressione “Comprendo, pertanto, chi minimizza i vincoli economici tra le nazioni più di chi li massimizza. Idee, conoscenza, arte, ospitalità, viaggi: sono queste le cose che dovrebbero essere internazionali per natura. Lasciamo invece che, se è ragionevole e convenientemente possibile, i beni vengano fatti in casa e, al di sopra di tutto, lasciamo che le finanze siano fondamentalmente nazionali.”. E venne preparato, in particolare da Hary Dexter White per la delegazione del nordamerica e da John Maynard Keynes a capo della delegazione britannica l’accordo di Bretton Woods, concluso nel 1944, che fu un capolavoro di ingegneria istituzionale; il miracolo fu che quel concordato ottenne molto di più che compaginare le pretese nordamericane e britanniche che erano in gioco. L’autentico successo di Bretton Woods è consistito che sui mercati monetari si impose una disciplina che favorì una maggiore liberalizzazione degli interscambi, senza compromettere il margine di manovra delle politiche economiche nazionali, consentendo a queste ultime di rispondere alle proprie esigenze sociali. Una globalizzazione moderata e non una iperglobalizzazione con il rischio di andare fuori da ogni controllo. Con le successive fasi negoziali del Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade) la produzione crebbe mediamente del 7% per anno, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri. Se c’è stata un’epoca d’oro della globalizzazione è stata appunto quella. Si trattò di un commercio internazionale crescente ma governato, vale a dire controllato; di fatto l’agricoltura e la maggior parte dei servizi non erano stati liberalizzati; ogni paese vedeva garantita la possibilità di stabilire il proprio modello economico-sociale. I frutti furono abbondanti sino al 1971 quando la parità tra dollaro e oro si rese insostenibile.

Secondo Keynes affermare che un paese non era in grado di permettersi l’agricoltura equivaleva a ingannare se stessi sul significato della parola “permettersi”; una nazione che non potesse avere la sua arte, le sue invenzioni e le sue tradizioni, oltre a mantenere un’agricoltura che producesse i propri alimenti era un paese in cui non ci si poteva permettere di vivere. Secondo il suo grande biografo Robert Skidelsky, in El retorno de Keynes (2009), per Keynes la globalizzazione eccessiva portava alla guerra e l’autosufficienza alla pace.

La penisola importa il 50% di latte e carne dai vicini paesi che impongono, con il grande aiuto di quinte colonne nazionali, questo gioco INFAME, pur avendo territorio, risorse in uomini e consumo. Povertà prima e poi rabbia ed infine i colpi di testa. E adesso prevediamo come sarà nel 2025.

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