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3 aprile 2009 5 03 /04 /aprile /2009 08:15
E' una lettura del maggio 2004. Fa parte delle letture: La nave peppa, a prua combattevano ed a poppa non lo sapevano.

La riflessione Scenari può essere d’aiuto nella decisione di impegno e partecipazione alla costruzione del futuro che più interessa[1]. Il processo della costruzione, in divenire, non è lineare. Fratture, corse in avanti se non proprio fughe, arretramenti e bloccaggi, possono succedere come fenomeni isolati oppure concomitanti, di non facile interpretazione e visione.

Discussioni accese sull’attività e sulle prospettive a breve delle produzioni zootecniche della UE vs. concorrenti nuovi o vecchi nel mercato globale, si susseguono.

All’interno della UE differenti sono i posizionamenti e gli interessi e quindi i comportamenti dei singoli Paesi[2]. I Paesi esportatori si dimostrano pronti alla discussione ed all’approfondimento sui possibili ostacoli del mantenimento delle loro posizioni ed interessi. Riportiamo qualche nota:

Gruppi di interesse francesi: Inzo° punta il dito sull’incertezza del modello agricolo europeo e nutre delle perplessità che potrà continuare la vocazione esportatrice dell’Europa. Nel mercato globale della carne avicola gli Usa pesano per il 14,1%, il Brasile per il 25,9%, il 37% è presidiato da Thailandia, l’11,5% viene strenuamente difeso dalla UE. Dal 1999 il Brasile ha moltiplicato per 5,9 le quantità esportate per la carne suina, e di 4 per tutte le carni, e tutto questo mentre le vendite all’export di Danimarca, Francia e Spagna, stagnano da almeno 5 anni. Il Brasile ha costi inferiori della metà, e gli Usa di un terzo rispetto alla UE.

L’opinione di Coop Francia: il rango della Francia nel mondo globale è in continua erosione. Mentre altri analisti indicano in Ucraina, Russia, Kazakhstan nuovi attori nell’export,Cina ed India nell’import. I surplus esportabili vanno crescendo le decisioni all’acquisto di Cina ed India sono imprevedibili ed aumenta l’insicurezza nelle transazioni: E’ più facile farsi pagare da un mulino bulgaro che dalla Cina o dalla Russia. Altre annotazioni da Associazioni e Gruppi di interesse:

·        Forte aumento del potenziale della produzione cerealicola dell’area del Mare del Nord,

·        Rischio di dissociazione tra l’universo agricolo e quello dell’industria alimentare all’interno della UE,

·        Rischio di aumento dell’asfissia per le produzioni agricole e zootecniche locali per le decisioni dell’industria alimentare di approvvigionarsi altrove,

·        Troppi vincoli e troppo zelo dalle legislazioni comunitarie. Penalizzazione dai divieti UE alla produzione (esempio delle farine animali) e libertà d’impiego nei Paesi terzi per le quote in entrata.

·        Obbligo della rincorsa alla produttività (intensificazione) e desertificazione delle aree a bassa vocazione.

·        Applicazione costante del principio di inibizione, ricaduta pratica del principio di precauzione, dalla burocrazia di Bruxelles.

Proclami dalla Spagna attraverso la lettura di cifre:

Nel periodo 1996-2002 le esportazioni hanno registrato, per la carne, + 85%. Nel 2002 il consumo interno per la carne è stato +3%, rispetto al 2001 e si attesta a 55,5 kg pro capite, con il 40% di carne suina. La produzione di carne di maiale con +4,6% è record nella UE, superiore di 3 volte rispetto al risultato della Germania. La domanda interna di carne di vacca registra +22,3%. Le esportazioni hanno registrato +2,7% arrivando a >530.000 tonnellate. Produzione di salumi: +12,6% arrivando a 234.000 tonnellate.

Brividi

 

Nel mercato globale la parte del leone viene consolidata da specifici Paesi terzi e viene penalizzata la capacità concorrenziale del drappello dei Paesi esportatori della UE.

Salvo che per le quote latte per l’Italia, non si registrano regressi apprezzabili da Paesi che producono oltre l’autoconsumo, anzi! Ma dove si pensa che andrà a collocarsi questo surplus?

Oddio, mi viene  un dubbio e sento la necessità di gridare “Al lupo, al lupo”.

L’obiettivo strategico è collocare, ad ogni costo, i surplus per non inceppare la macchina produttiva. Dato che nel mercato globale diventa più dura non resta che aumentare la collocazione all’interno. Da qui diverse necessità:

·        Individuare almeno un’area con forte popolazione mangereccia ed in grado di pagare e che ritenga che le proprie produzioni zootecniche, storicamente con un modello organizzativo non aggregante, siano puzzifici.

·        Offrire prezzi appena al di sotto del prezzo di sopravvivenza per diminuire le produzioni locali dell’area e scoraggiare coloro che ancora caparbiamente allevano animali.

·        Minare la fiducia interna nei confronti della produzione locale attraverso, ad esempio, gestione mediatica delle non conformità locali, strategia temporizzata dello scandaletto locale.

·        Favorire politiche locali per la trasformazione di aree ad indirizzo zootecnico, partendo da quelle meglio organizzate.

·        Controllare il mantenimento del consumo dei marchi ma senza il legame con le produzioni di territorio. Intensificare nel contempo l’orgoglio locale verso la buona cucina assoldando l’attricetta di turno che dichiari: Qui si mancia daffero bene.

·        Intensificare il controllo  sulla catena distributiva locale.

·        Premiare il tessuto tecnico locale che favorisce l’adozione di idee tecniche provenienti da Paesi esportatori: Prima della carne devono aver acquistato il concetto che le nostre idee tecniche di allevamento sono migliori, il resta viene inevitabilmente di conseguenza.

·        Banalizzare la ricerca applicata locale, indirizzare la ricerca applicata locale nell’immaginario, nell’effimero, nell’assolutamente non applicabile.

 

Vogliamo sforzarci di dare un nome all’area?

Si prevedono forti  annuvolamenti, precipitazioni e rovesci a carattere temporalesco.

 

Flavio Veneroni – Maggio 2004



[1] Scenari

[2] Analisi di mercato – 2003

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