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16 giugno 2015 2 16 /06 /giugno /2015 14:37

Ma tu pensa se d'Ormesson mi doveva far venire il ricordo di mr. tau. Un ligure brutto, ma brutto come solo i liguri brutti lo sono. Rincagnato, sempre abbottonato e coperto. Sporco e con una puzza mista di piscio, aglio e vicoletti. La figlia tale al padre e totalmente succube, anche se lo odiava con tutto l'ardore possibile da una gonfia di odio. Ritirò un motel in costruzione negli anni '50, con i soldi del padre. Di suo non riuscì a combinare mai niente, neanche fare il nodo con le stringhe. Tignoso e legato ai soldi. Non perché ligure, ho conosciuto altri liguri. I soldi li maneggiava con passione, se li doveva dare quali li accarezzava prima di lasciarli sul tavolo, se li prendeva le dita si trasformavano in piccoli e bitorzoluti rostri. Mr. Scrooge de noaltri, un povero cristo, se mai ne ho conosciuti, comunque il più povero cristo tra tutti.

Mi attraversò la strada non molto tempo fa. L'avevo conosciuto in borsa merci. Lui seduto sul tavolo con la pipa, non aveva argomenti se non i soliti, scansato da un po' tutti, anche perché sin d'allora il puzzo era manifesto.

E mi sta ancora attaccando. Ma non invio le maledizioni perché non merita neanche questo. Gli basta viversi. Allo specchio sono sicuro che non si guarda perché si fa schifo. Il proprio puzzo lo sente e come, ma non può farci niente, anche se quando cammina, sempre lentamente, cerca di sterzare e di cambiare direzione.

Povero cristo. Pace all'anima sua.

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29 maggio 2015 5 29 /05 /maggio /2015 11:40

Ciao gb, dovunque tu sia, che il tutto ti sia lieve. Mi ricordo il tuo modo di redere. Chi ha fatto zootecnia nella colonia ha conosciuto le gesta di gb. Ha costruito con mezzi propri e per conto di Roche, idv. Mi ricordava che nei primi anni '60 lui e altri amici (tra cui Reb.) andavano a Ginevra in treno e tornavano con dei sigari avana nei tubicini di metallo: b12 cristalli e settimana o quindicina di bagordi per tutti. Con lui idv arrivò a superare le 200 risorse, e tutti gli investimenti furono fatti con soldi propri, provenienti dall'attività. Ho lavorato con lui dopo un periodo di ostracismo. Quando mi conobbe scoppiò l'intesa. Me lo ricordo a casa sua, mi ricordo la sua governante, lui che mi mostrava la mazzetta degli assegni posdatati degli amici: "Che vuoi, li aiuto.". Ci viveva con quelle carte sempre procrastinate con la maggiorazione degli assegni: "Ma sono coperti?", "E si, li conosco uno per uno ed ognuno di loro ha una buona ragione per farsi finanziare da me.". Ma la cosa mi sembrò minima. Poi l'interdizione da parte della figliolanza, la sua ira in tempo reale, la sua felicità una settimana dopo: "Chi è più felice di me? Ho una rendita di oltre 20 milioni mensili, sono interdetto quindi posso fare e disfare come voglio con la mia rendita, che mi è oltremodo soddisfacente.". Poi lasciò la conduzione di idv, e restò con l'amaro in bocca. Mi parlava, voleva ancora sapere. Non poteva restare nell'ombra o sottotono. Doveva essere sul ponte di comando. Mi venne a trovare diverse volte. Mi raccontava nei dettagli le sedute di fisioterapia nella sua casa dopo la scivolata. Ora le risorse in idv sono meno di 45. Le politiche e le strategia sono certamente cambiate.

Lo vedo che mi sorride con i denti allo scoperto. Al tuo funerale Renato me ne ha mostrate quattro, erano presenti, con un sorrisetto gentile e complice. Ti hanno voluto accompagnare, ma sicuramente tu le hai viste. Ciao gb.

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25 aprile 2015 6 25 /04 /aprile /2015 09:52

Fu il mio collega a parlarmene. " Mi ha detto di non dirti niente ma è venuto a incontrarmi a casa mia Me mi chiede 2000 kg di calcio carbonato in fusti da 50 kg. Sai i soliti fusti del farmaceutico. Cosa faccio? MI ha detto che non vuole nessuna fattura.". "Noi non vendiamo senza. Il prezzo glielo fai con il costo e con un bel 40% di margine, tanto è roba minima. Fattura e bolla di consegna perché non si sa mai.". Erano passati almeno due anni dalla mia visita negli uffici strani del Signor M. Da allora non vi erano stati contatti. Dopo una settimana il collega mi disse che la merce sarebbe stata fatturata ad un nominativo, con tanto di codice fiscale e che sarebbe stata ritirata e la fattura pagata al momento del ritiro, in contanti.

Un tale chiese ai produttori cecoslovacchi 50 kg di Gentamicina per uso farmaceutico. Con pagamento contro documenti all'importazione. La consegna venne effettuata ed il pagamento effettuato. Poi il cliente ebbe da dire sulla qualità. Gli uffici amministrativi del cliente scrissero ai cecoslovacchi che le cose non andavano bene ed allegavano un rapporto interno dei loro laboratori di analisi che riportavano l'analisi non conforme in quanto non corrispondeva al picco della Gentamicina. Il tutto era importante per il cliente in quanto l'acquisto era una prova per poi concludere l'acquisto di un lotto di almeno 2000 kg. I cecoslovacchi risposero che i controcampioni del lotto per il loro laboratorio di analisi erano conformi. Gli uffici amministrativi del reparto estero del cliente inoltrarono ai cecoslovacchi la richiesta del loro laboratorio per la richiesto dello standard del fornitore e per una analisi in parallelo tra il loro Laboratorio ed il Laboratorio dell'Università. I dubbi erano stati evidenziati dal cliente dell'acquirente che era una grossa, ma veramente grossa industria farmaceutica. Venivano citati anche i commenti del Laboratorio del cliente dell'acquirente anche se l'intestazione era oscurata, ma le sigle e le firme erano note.

Alla fine dei lavori venne riconosciuta la conformità delle analisi anche se vi erano state delle spese al riguardo. I cecoslovacchi promisero che in caso di conclusione del contratto per una quantità più cospicua avrebbero tenuto conto di una certa somma per l spese sostenute.

Dopo due mesi i cecoslovacchi ricevettero la richiesta dell'ordine per 2.000 kg di Gentamicina pura, nonché le caratteristiche qualitative conformi alla Farmacopea e ben specificate, si richiedeva la quotazione e di tener in considerazione anche le spese sostenute nella precedente piccola fornitura. La trattativa non fu breve e avvenne tuta per posta. L'ufficio acquisti del reparto farmaceutico del cliente chiese ai cecoslovacchi un ritocco alla loro prima offerta, questi accettarono. Poi l'ufficio acquisti del reparto farmaceutico allego anche un rapporto del laboratorio che ripercorreva le spese sostenute nella precedente transazione, chiedendo che venisse considerato un rimborso. I cecoslovacchi accettarono sempre con pagamento contro documenti. Il responsabile dell'ufficio acquisti del reparto farmaceutico fece presente ai cecoslovacchi che il pagamento contro documenti stava bene ma, accettando quanto scrivevano i due responsabili del Laboratorio, esigeva che prima del ritiro venisse concesso il prelievo di almeno due campioni per essere preventivamente verificati da parte del cliente farmaceutico dell'acquirente. I cecoslovacchi accettarono anche questa condizione, ottenendo che il campione fosse su un solo fusto a random e non su due, e la transazione venne conclusa. La merce arrivò alla dogana indicata dai documenti. L'acquirente andò a prelevare i campioni. La merce restò immagazzinata nella dogana in attesa dell'espletamento delle formalità analitiche. Il responsabile del laboratorio del cliente comunicò all'amministrazione che anche il laboratorio dell' industria farmaceutica aveva espresso delle perplessità sul colore del campione e chiedeva se tutto fosse conforme. I cecoslovacchi risposero che erano più che certi della conformità e che attendevano tranquilli l'esito delle analisi. L'amministrazione comunicò che non avrebbe ritirato la merce giacente nei magazzini doganali poiché, come potevano leggere nel certificato di analisi del Laboratorio il lotto risultava non conforme. I cecoslovacchi risposero immediatamente chiedendo di specificare le non conformità e provvedevano anche loro alla verifica dei loro controcampioni dei lotti inviati. I lotti erano 5. Dopo un mese l'amministrazione richiese ai cecoslovacchi l'invio di un nuovo standard ed allegava la richiesta del loro Laboratorio che faceva riferimento anche alla stessa richiesta del laboratorio dell'Università. Dopo altri 30 giorni l'amministrazione fece avere ai cecoslovacchi che il prodotto non corrispondeva a Gentamicina così come descritta nella Farmacopea. I cecoslovacchi risposero che per loro tutti e 5 i lotti erano conformi e inviarono le loro analisi chiedendo di poter vedere le analisi del Laboratorio dell'acquirente. Tutto si svolgeva in tranquillità poiché la merce era sempre giacente in dogana nella piena proprietà dei fornitori. L'acquirente confermò che non poteva procedere al ritiro in quanto il campione da loro analizzato non corrispondeva a quanto ordinato ma risultava essere del carbonato di calcio, esente da impurezze, ma pur sempre carbonato di calcio. I cecoslovacchi proposero di procedere ad ulteriori campionamenti nelle confezioni giacenti in dogana. L'amministrazione rispose di non poter procedere in quanto i rapporti con il loro cliente, a causa di questi inconvenienti, erano in una fase non positiva e preferivano non procedere al ritiro poiché la merce non era conforme. In tutto erano passati 6 mesi. I cecoslovacchi scrissero e riscrissero, proposero anche uno sconto. L'amministrazione del cliente rispose che purtroppo il loro cliente si era approvvigionato altrove, e loro temevano di offrire la merce ad altre case farmaceutiche stanti le perplessità legate alla qualità. I cecoslovacchi confermarono che la merce era assolutamente conforme alla qualità di Farmacopea e proponevano all'acquirente di cercare di offrire anche con quantità ridotte le merce ad altri clienti proponendo un robusto sconto su quanto pattuito. L'amministrazione dopo altri trenta giorni confermò che non era per loro possibile procedere al ritiro dei 2000 kg giacenti nei magazzini doganali e che stavano contando i danni per aver definitivamente compromesso il loro rapporto con il loro cliente per aver osato tentare di spacciare antibiotico del calcio carbonato seppure privo di impurezze.

La cosa finì lì. Dopo circa un anno si scoprì che i 2000 kg, dopo una ispezione congiunta dei cecoslovacchi e della dogana per verificare la correttezza delle confezioni e dei sigilli vennero poi definitivamente dirottati in Messico e che la merce venne contestata dai clienti messicani in quanto non si trattava di un antibiotico ma di calcio carbonato. Risulta che quanto i funzionari dell'Interpol chiesero informazioni al Signor M questi abbia detto: "Ma noi lo avevamo detto dopo aver analizzato il primo campione e l'analisi era stata effettuata presso la tale Università.".

Mi risulta, ma questa è una leggenda metropolitana, che i cecoslovacchi erano parecchio incavolati e sostenevano, ma questa era una illazione, che in occasione della presa del campione, era stato effettuato anche lo scambio delle confezioni. Ma c'era stata l'ispezione congiunta loro e della dogana che non aveva rilevato alcuna non conformità.

Mi feci una idea dell'importanza di quella fantascientifica macchina che per me era una fotocopiatrice, e mi spiegai la ragione di tutte quelle palline della macchina da scrive. Ogni reparto che si rispetto ha un proprio stile nel redigere una comunicazione o lettera.

Ma queste sono solamente mie supposizioni del tutto personali.

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25 aprile 2015 6 25 /04 /aprile /2015 08:44

Che avessi di fronte il signore della truffa non lo sapevo. La so adesso mentre guardo le acque del lago appoggiato ai tigli e posso considerare il signor M il signore della truffa, per quanto riguarda quello che ho conosciuto durante le attività operative che hanno riguardato me. Era imponente, grosso, camicia e cravatta e giacche larghe, rivedevo il personaggio Goldfinger, anche se i capelli non erano così rossi. La parlata era pastosa, grassa. Il suo ufficio era dalle parti della Fiera in Milano. Un ufficio al 5° piano. All'entrata una segretaria, ben messa fisicamente, piuttosto in carne con un seno davvero prosperoso ed un lato B (adesso si dice così, ma allora era diverso) notevole come dimensioni, rotondità e movimenti. La faccia era da raccoglitrice di mele, forse furlana, con i pomelli rossi, una faccia di ottima salute. Non l'ho mai sentita parlare. Solo si oppure no, ed il più delle volte con la testa. Piccola scrivania, con un portamatite, una postazione con macchina da scrivere normale, elettrica ma normale. Più in là un'altra postazione con una macchina da scrivere a palline, ogni pallina un carattere, la scorta delle palline dei caratteri era notevole, per quanto ebbi modo di intravedere dall'apertura di un armadio.

L'ufficio del signor M era un mondo a parte. Ampio, mobili stile impero con profusione di svolazzi e doratura, una sedia gestatoria, poltroncine da ambasciatori. Credo che i mobili fossero stati acquistati da Giobbe. Sicuramente avrei dato a quest'ufficio l'oscar della pacchianeria. Un trumeau con tanto di orologio con cavalli e dame. Una parete invece era occupata da una strana macchina. La ritenevo una fotocopiatrice ma di queste dimensioni non l'avevo mai vista. Seppi poi che era un apparecchio da tipografia avanzata in grado di riprodurre a colori e in formati diversi. L'apparecchiatura strideva con la sua innovatività (il disegno era quasi da astronave) nello stesso ufficio che ricordava Versailles. Ma non avevo capito il motivo. Mi ritrovai, per puro caso, una sola volta da solo nell'ufficio, dove mi aveva fatto accomodare la bella furlana ed ero con un mio collega. Mi alzai curioso come sempre, attirato da una pagina che era fuori posto al di sopra di un armadio stile impero. Salii su una sedia e mi trovai di fronte a un centinaio di riviste porno, di quelle che si portavano a casa da Amsterdam. Le feci vedere al mio collega che ne voleva assolutamente una o due, e gli proibii di toccare alcunché. Il signor M era entrato in contatto con il mio collega. Diceva che era interessato ad un famoso prodotto chinossalinico che vedeva noi quali competitori di una multinazionale la quale aveva brevettato il suo prodotto in tutto il mondo ma si era dimenticata l'Italia. Il signor M era interessato al prodotto, ma voleva assolutamente dei fusti da 50 kg, anziché la confezione nei classici sacchi di carta da 25 kg. Ed insisteva. Parlava di un cliente molto importante, in Italia centrale "un allevamento di 10.000 maiali, tra l'alto Lazio e la bassa Toscana.". Questo notizia mi sbalordiva in quanto nessuno dei miei ne sapeva niente. "ma come, 10.000 maiali si sentono, andate e annusate.". Il mio modo di fare era poco professionale. Ed il signor M aveva iniziato con una confezione, poi dieci e poi cento, a distanza di due mesi. Quando scadevano i termini del pagamento veniva da noi, in sala riunioni, e metteva i soldi in contanti sul tavolo e li metteva in fila come fossero pesci, un bigliettone dietro l'altro. Quello che tutte le volte contestava era l'iva. Ma la fattura parlava chiaro. Il prezzo era per kg, per i numeri dei kg più l'iva. Non chiedeva alcuna firma di ricevuta e non portava mai la nostra fattura per una qualsiasi tipo di firma di quietanza. Non appena pagato parlava del prossimo ordine. I nostri fusti erano quelli normalmente usati per i prodotti chimico farmaceutici, in cartone con il fondo ed il coperchio con il cerchione di metallo e la chiusura con l'apposito occhiello per il sigillo. Lui richiedeva che non ci fosse ne etichetta (ma questa noi la dovevamo mettere e quindi si optò per una etichetta di piccole dimensioni ed agganciata all'occhiello della chiusura) ne sigillo. Ci disse che non voleva che i suoi clienti fossero a conoscenza del suo fornitore, era geloso del suo cliente e questo aumentava la mia sete di conoscere il luogo dove fossero allevati i famosi 10.000 maiali.

Durante una mia visita ad un grosso sito produttivo in Belgio, conversavo con il capo ufficio acquisti, che quando prendevo il caffè, nel suo ufficio, lui era già alla terza birra, ed erano al massimo le dieci del mattino. Mi chiese di accompagnarlo al magazzino per farmi vedere come avrei dovuto insistere per migliorare l'assetto dei nostri pallets con i quaranta sacchi da kg 25 del coccidiostatico che gli vendevamo. Mentre lo accompagnavo nel suo magazzino, vidi dei fusti cinquanta kg, marroni, che mi pareva di conoscere. Li guardai meglio senza dare nell'occhio e mi parve che fossero simili ai nostri ma non fossero nostri poiché portavano una vistosa e colorita etichetta della multinazionale e chiaramente era il chinossalinico di riferimento. Il capo ufficio acquisti mi disse che erano legati all'acquisto del prodotto della multinazionale in quanto brevettato e si meravigliava anche lui della confezione. Mi disse in tutta riservatezza e confidenza che il materiale proveniva dall'Italia in quanto la sezione locale della multinazionale non riusciva a fare le quantità di budget: "E' riservato, noi comperiamo anche alcune quantità dalla sede belga, in sacchi da 25 kg, proprio per non far vedere che comperiamo anche altrove.". Guardai meglio, dietro suo invito: l'etichetta era perfetta, alcune scritte di liberazione del lotto in inglese, il sigillo era della multinazionale. Al ritorno chiesi di incontrare il signor M nel suo ufficio con il mio collega, ed era la descrizione fatta sopra. Quando il signor M fu assiso sul suo dorato trono, gli raccontai il mio strano caso della mia visita in Belgio, ma la presi con calma e da lontano senza accennare direttamente a niente. Lui ci chiese perché gli raccontassi questa storia. Mi disse che aveva dei contatti con la nota multinazionale ma per prodotti farmaceutici e la cosa finì lì. Prima di congedarci mi chiese "Ma veramente un prodotto così importante della multinazionale viene commercializzato in Europa e nel mondo in sacchi?.". Si gli risposi. E per l'Europa hanno un contro unico di produzione in Francia. Non disse niente ma gli ordini cessarono e l'allevamento dei 10.000 maiali non lo trovammo ne nel basso e centro Lazio ne nel centro e alta Toscana. Non so come andò perché ci fu un processo. Nella documentazione, mi pare, vennero ritrovati dei certificati di analisi originali con i nomi e le firme originali degli addetti ai laboratori di analisi del centro farmaceutico della multinazionale. Delle comunicazioni interne tra reparti della stessa multinazionale con i nomi dei tecnici responsabili, nelle lingue da loro comunemente usate e con le sigle proprie che utilizza ogni laboratorio.

E questo fu una prima occasione. Le acque sono mosse da una leggera brezza e la temperatura sta scendendo. Ridacchio ricordando il signor M "Ma veramente una merce così preziosa viene commercializzata in sacchi?.", e rientro ricordando anche il viso paonazzo del buyer birraio.

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25 aprile 2015 6 25 /04 /aprile /2015 08:19

Del baratto normalmente si studia in economia come una pratica antica. Ebbi modo di praticarla facendo affari con De Giuli (o De Juliis). Parlava come oggi Zeman o Boskov. Era sempre positivo. Lo trovavi sempre. Da lui comperavo i sulfamidici per i quali aveva delle entrature particolari con i fornitori slavi.

Trattavo prima la quantità, poiché bisognava vedere, non era semplice, mica si poteva avere qualsiasi quantità, e dovevi parlare ed ascoltare. Alla fine da qualche centinaio di chili arrivavi alle 3-4 tonnellate dell'ordine. Poi c'era il prezzo, e quello dell'ultima volta non andava bene, e se era disceso lui aveva tanta di quella merce vecchia in casa, ed i cambi, e la tirava ancora in lungo. Ma parlare con lui al telefono era affascinante. Ti imbambolava il tono, la cadenza. Ma il bello arrivava durante la trattativa del prezzo per lui, il De Giuli, chiedeva "e lei che cosa mi dà?." e non si riferiva ai soldi. E dovevi aver sottomano l'esistenza di magazzino e spulciare. Una volta era la Vitamina E olio, una volta la Vitamina A, una volta l'Ossitetraciclina o l'Eritromicina. E si rifaceva la trattativa per "pesare" il baratto. Le fatture poi combaciavano e si compensava il pagamento.

Mi permisi di chiedergli la ragione di questo modo così insolito di commercializzare.

Si meravigliò che ce ne fossero altri.

Era il suo modo.

Non so dove si trovi oggi ma dovunque si trovi che sia in pace.

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25 aprile 2015 6 25 /04 /aprile /2015 08:03

Sento la vibrazione sul fondo, forse una attività tra le valli ad est. Il caffè ti accarezza ed il rumore mi porta al ricorda dell'insetto lodigiano, la spuséta (con la e chiusa) e il ricordo va a Piero Coggiola. Diavolo di un Piero Coggiola! Di Bianzè, figlio di agricoltori. Aveva il mangimificio King's Aliments e mi chiese di parteciparvi per un 20%. Era stato un agente ai tempi della Duphar - Philips. Poi credette bene di morire all'improvviso all'ospedale, credo per un infarto, era giovane rispetto al mio tempo di adesso. Era amico di Aglietto, un nome un mito, nella storia della pollicoltura piemontese. Aglietto era un fulmine di guerra, movimento, movimento, movimento, e nell'occasione dell'inaugurazione di un nuovo incubatoio con fasce tricolori, ministri e camauri, "l'elicottero". Era il primo elicottero nella zootecnia italiana, a mia conoscenza.

Il secondo fu del Commendator Apollinare, grande, ma grande figura, che seppe costruire una costruzione curandone i dettagli e nell'opera venne coadiuvato dai figli. Il Commendatore mi aveva impressionato per la semplicità e l'acutezza dell'analisi. Amava ripetere che negli anni 50 si vedeva una donna che spennava un pollo davanti all'uscio di casa, o c'era un malato, di regola grave, oppure era morto il pollo. Lo vidi salire sull'elicottero per andare "a bocce". Grande figura.

Piero Coggiola non aveva l'elicottero, e mi lasciò, morendo, l'eredità di un mangimificio che resto presto del tutto inoperoso. Ci vedevamo una volta ogni due mesi. Mi portava ad un autogrill Motta (credo) vicino a Bordo d'ale. Carne cruda cotta con il limone. Un giorno stavamo raggiungendo un tavolo quando davanti a me fece dei movimenti, come in una azione teatrale, per dare il passo, del tipo:

"Ma no prego passi lei."

"Ma invece passi lei"

I movimenti furono tre o quattro, poi sembrò che il Piero si decidesse a passare e sbattè rumorosamente contro lo specchio nel quale si rifletteva e con il quale dialogava. Lo presi perché il colpo lo fece barcollare. Restò intontito per un cinque minuti e poi ridacchiò, alla sua maniera, tenendosi il mento e la parte inferiore della bocca con la mano sinistra, e mi racconto la storia di un caprone che a casa sua, scorgendo la propria immagine nell'anta dell'armadio nella stanza dei suoi, diede una capocciata che frantumò l'anta oltre che lo specchio.

Di elicotteri ne vidi un altro ma era di un'altra galassia, non era più zootecnia ma chimica ed era in quel di Treviglio.

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4 febbraio 2015 3 04 /02 /febbraio /2015 11:21

Non la sentivo da tempo. Anche perché ho rallentato le visite, i viaggi, seppure non li ho quasi mai praticati anche in passato. Non mi piacciono le fiere, le riunioni dove si espone ma non si approfondisce. Ora ho l'età dalla mia.

"Però tu sei da molto tempo nel settore, ho sentito parlare di te da tanto tempo. Quanti anni hai?"

Eravamo in Lisbona, da Sabiol, un ex Duphar, uno dell'armata Philips che aveva ceduto le attività del settore. Eravamo a tavola. Alla domanda ho risposto:

"Quanti me ne dai?". E non volevo essere poco educato, ma stuzzicare in lui dei ricordi che credevo comuni.

"Beh, avrei detto cinquanta ma guardandoti bene ne hai meno ma non meno di quarantacinque.".

"Ne ho quarantasei.". E con un piede ho detto al mio collega di non fare commenti. Avevo trentasei anni.

Quindi sono abituato. Ora non è più l'età, ma "dove sei stato in tutto questo tempo?".

Una delle abitudini personali è stata di operare in silenzio. Lontano dallo schiamazzo e dalle urla, dalla contrattazione, dal confronto su granitiche certezze.

In silenzio ho imparato a vedere un po' più chiaro, a dare importanza al dettaglio del dettaglio.

Lavorando in silenzio e senza farsi vedere c'è il rischio che ti si prenda per un eremita del deserto.

E allora?

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18 dicembre 2014 4 18 /12 /dicembre /2014 09:59

Le previsioni fanno parte delle mie preferenze e immaginare (nel senso di vedere) il futuro è da me considerato importante. Nel 2000 avevo immaginato gli scenari del settore zootecnico nel 2015, anche per orientare meglio gli obiettivi da perseguire: ed una volta individuati gli obiettivi il sevo meccanismo interno farà in modo di realizzarli. Se tutti condividessimo l'obiettivo vi sarebbe una sinergia dei servo meccanismi.

Nel 2010 le derrate di carni in totale del consumo mondiale ammontavano a 290 milioni di tonnellate, nel 2050 la popolazione mondiale, che sarà arrivata a 9,3 miliardi, richiederà 505 milioni di tonnellate di carne (word poultry 2012).

Ne abbiamo di strada da fare, di posti di lavoro da creare, di ruoli e funzioni professionali e di alto profilo, poiché la qualità delle produzioni alimentari richiederà degli standard molto più alti rispetto agli attuali. Per non parlare di cuochi e creatori di modelli di cucina e di piatto e di preparazioni culinarie, tenendo presente tutti i fattori interconnessi. Questi sono obiettivi.

Le carni bovine registreranno un aumento del 36,7%, quelle suine un aumento del 60%, quelle dei volatili, le cosiddette carni bianche, del 125%, gli ovini e caprini un aumento del 32,5% mentre ci sarà un regresso del 13% delle altri carni. Il tutto a fronte di un aumento della popolazione del 36%. Si vorrà più carne sulla tavola.

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10 settembre 2013 2 10 /09 /settembre /2013 09:55

Le galline ovaiole sono quei volatili che producono le uova che il consumatore mangia cotte e/o crude, e che vengono inserite in numerose specialità culinarie. La produzione di uova in Italia soddisfa l'autoapprovvigionamento. Cosa è successo? Le galline ovaiole sono state allevate in gabbie perché se allevate sul terreno vengono regolarmente colpite dalla coccidiosi che le fa morire. Per essere allevate a terra le galline debbono necessariamente venire trattate con la somministrazione di sostanze "coccidiostatiche". Queste sono differenti proprio perché ogni 3-4 mesi è necessario variare la molecola chimica poiché gli "oocisti" (responsabili della coccidiosi) velocemente si adattano alla molecola chimica ed è quindi indispensabile cambiarla. Questa era stata una delle ragioni per allevare le galline ovaiole in gabbia. Le galline ovaiole in Italia sono 40 milioni. La UE che da sempre VUOLE applicare le regole dell'Europa del Nord a tutto il territorio della comunità ha utilizzato di tutto (animalisti compresi) per riportare le galline a terra. Nessuno dice che tutto il business è in mano alle 2 multinazionali che producono le 4-5 molecole chimiche coccidiostatiche. Quindi BASTA LE GABBIE. Tutte le galline a terra. Ma cosa è successo? Tutte le galline a terra vengono alimentate con coccidiostatici. E per permettere ciò la UE ha creduto bene di modificare tutto l'impianto della legislazione alfine di permettere che tutte le derrate di cereali siano tollerate anche con delle contaminazioni di coccidiostatici: si perché una molecola chimica se la impieghi, contamina. L'allevamento in gabbia era una misura preventiva per eliminare i coccidiostatici dalle galline ovaiole: ma questo contrastava con gli interessi delle multinazionali (ma gli animalisti erano convinti che le gabbie fossero una prigionia). Quindi tutte le galline sono sotto trattamento dei vari coccidiostatici 365 giorni su 365. Allora? Tutto risolto. No, ci sono gli uccelli migratori. Si perché nell'Europa del Sud ci sono gli uccelli migratori, che non vanno nel Nord , se non di rado, proprio perché non è di loro gradimento. Questi uccelli migratori si posano sul terreno e preferiscono andare dove vi sono altri volatili. Le galline ovaiole sono volatili. Gli uccelli migratori sono portatori di INFLUENZA. Ed ecco il patatrac! Oltre ad avere le galline ovaiole rimpinzate di molecole chimiche coccidiostatiche è necessario impedire l'accesso agli uccelli migratori. E come si fa? Semplice. Il terreno deve essere completamente ostruito a presenze esterne attraverso delle reti metalliche con piccolo spessore al fine di evitare che anche un solo uccello migratori entri in contatto. Quindi una gabbia più grande? Che pena!

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8 aprile 2013 1 08 /04 /aprile /2013 15:39
ZOOTECNIA SICUREZZA

apr. ’13

Per sicurezza intendiamo tutto ciò che è relativo al benessere degli addetti che operano direttamente ed indirettamente nella filiera zootecnica.

Esaminiamo, rimandando il nostro commento in coda, la situazione relativa allo specifico settore dei lavoratori che operano negli allevamenti e nei macelli di polli da cerne e tacchini (filiera avicola) nello Stato Alabama negli Usa.

La filiera avicola in Alabama produce oltre 1 miliardo di polli da carne per anno, vi lavorano 75.000 risorse e rappresenta il 10% dell’economia dell’Alabama con un fatturato di 2,5 miliardi di $

[fonte Fellow&FoodProdDaily].

Il rapporto che si commenta è Unsafe at These Speeds: Alabama,s Poultry Industry and its Disposable Workers, del febbraio 2013.

L’OSHA (organismo tecnico per le malattie ed infortuni dei lavoratori) mette in risalto alcuni casi particolari e raccomanda:

·         Di normale la velocità delle linee automatiche ed il numero di polli/minuto/risorsa,

·         Di obbligare misure ergonomiche per ridurre i disturbi muscolo scheletrici,

·         Di obbligare i trattamenti medici per le risorse coinvolte in disordini,

·         Di attuare una lista di diritti per questo importante settore e per i propri lavoratori.

[fonte 2013 Southern Poverty Law Center]

L’associazione degli imprenditori di categoria, la USPoultry & Egg Association commenta che il rapporto riporta il dato del Bureau of Labor Statics (BLS) relativo al tasso di incidenti del 5,9% per I processi della filiera avicola e quello del 3,5% relativo ai lavoratori dell’intero settore industriale privato. E questo è considerato fuorviante. Meglio sarebbe quello di confrontare il dato con il 4,4% di tutti i lavoratori del settore manufatturiero. Vengono forniti i dati di confronto con altri settori, per stabilire che il tasso della filiera avicola è in linea con quelli degli altri:

Lavoratori dell’industria automobilistica (NAICS code 3361)                                       7,5%

Lavoratori delle forniture per ufficio (NAICS code 3372)                                                              5,2%

Lavoratori dei passeggeri di aerei (NAICS code 481112)                                                               7,9%

Lavoratori degli enti statali                                                                                                        6,7%

E non era così, e vengono riportati i dati relativi agli anni precedenti, che qui si riassumono:

anno                     filiera avicola                     tutte le produzioni manufatturiere

1994                                      22,7%                                   12,2%

2011                                      5,8%                                    4,4%

Di fronte ai risultati del circuito virtuoso della filiera avicola, affermare che “pochi lavoratori trovano applicazione di programmi ergonomici” non è dire la verità.

Nel report viene riportato il caso di una risorsa che ha contratto la istoplasmosi, e che lavorava nella linea della spezzettatura e si suppone che la malattia fosse avvenuta per la spore presenti nell’aria dell’area di lavoro. L’istoplasmosi è una malattia strettamente collegata all’esposizione ed al contatto con escrementi di volatili. Le risorse che operano nelle unità di spezzettamento delle carcasse NON vengono a contatto con escrementi di volatili. La causa può quindi essere trovata nell’ambiente esterno a quello del lavoro.

Il report mette in risalto che solo il 10% delle risorse della filiera avicola è iscritto a sindacati di lavoratori. E questo che significa? BLS riporta che nel 2012 la media delle risorse iscritte ai sindacati era del 11,3%, quelli del settore privato erano il 6,6% mentre quelli del settore pubblico erano il 35,9%.

Il report riporta che una delle cause delle malattie ed infortuni è legato alla presenza di lagune per le deiezioni situate nelle vicinanze degli allevamenti e dove vivono le famiglie degli allevatori.  Ma le lagune riguardano altri allevamenti, non quelli avicoli. Nella filiera avicola le deiezioni fanno parte della lettiera che viene utilizzata quale fertilizzante senza alcun bisogno di laguna.

Il report auspica una riattualizzazione delle ispezioni. La USPoutry fa notare che è operante, da 15 anni, il programma pilota in 20 impianti di produzione di volatili che sono sotto costante monitoraggio anche per tutto ciò che riguarda la sicurezza. Il programma pilota così esteso è ritenuto indispensabile per definire i limiti sostenibili ed attuabili in qualsiasi altro impianto produttivo industriale (caratteristiche tecniche all’entrata e per mantenere le autorizzazioni ad operare). Non vi è evidenza che la velocità delle linee automatiche influenzi il tasso di infortuni. Certamente il programma pilota impiega risorse altamente formate e con un elevato grado di consapevolezza, come in qualsiasi programma pilota. La USPoultry mette in risalto il confronto dei dati relativi alla sicurezza sia per il Total Recordable Injures (TRI) Rates che per il Dart (Days Away Restricted oer Tranfert) Rates:

 

La conclusione di USPoultry: la sicurezza delle risorse impiegate nell’industria di produzione e trasformazione di volatili e dei consumatori che acquistano i prodotti alimentari è di fondamentale importanza. La filiera avicola ha instaurato un circuito virtuoso che ha dato tangibili risultati, meglio di quanto sia avvenuto in altri settori e tipi di industrie.

La filiera avicola vuole continuare nel miglioramento dei risultati relativi alla sicurezza delle risorse coinvolte e non accetta inutili allarmismi al riguardo.

[fonte: www.uspoultry.org ; www.bls.gov/iif/oshwc ]

Commento

Anche se la nostra attività è specializzata esclusivamente per quanto concerne l’utilizzazione e la manipolazione di agenti chimici (nutrizionali e terapeutici) da somministrare agli animali da reddito, avicoli compresi, ritroviamo la conferma al nostro approccio metodologico.

Le specifiche tecniche per ogni singolo agente chimico o per famiglie di agenti chimici devono costituire un prerequisito per tutta la filiera.

Solo in questo caso è possibile garantire un livello di sicurezza accettabile per tutte le risorse dirette ed indirette coinvolte e formate e per ogni tipo di emissione (interna ed esterna).

E’ un passo non di poco conto.

In mancanza del prerequisito l’alternativa è il NON utilizzo.

Ogni deroga è, come minimo, miopia e rischia di comportare implicazioni negative per l’intero settore.

Rates

Impianti

2009

2010

TRI

Pilota

5,6%

5,3%

Industria pollame totale

6,1%

5,5%

DART

Pilota

3,4%

3,9%

Industria pollame totale

4,0%

3,9%

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