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19 luglio 2011 2 19 /07 /luglio /2011 14:42

Nel 2010 l'Italia ha prodotto 14,265 milioni di tonnellate aumentando del 2,9% la produzione. Gli occupati nell'industria della produzione di mangimi (che adesso si chiamano alimenti per animali) sono 8.500, per un fatturato totale di 6.650 milioni di €, che si colloca al 5° posto nel comparto agroalimentare (dopo lattiero-caseario, dolci, vino, salumi). In Francia  con una produzione di 21, 3 milioni di tonnellate gli addetti sono 16.000. Resta il fatto che per assicurAre parte della sicurezza alimentare operano in Italia 5.500 veterinari, mentre in francia sono 400.

Nella UE oltre all'Italia aumento del 2,7% la Germania, e di ben 3,9% UK, mentre diminuisce del 2,5% lND e del 3,3% la E, e questo è un bene.

Il consumo pro capite

carne suina                                         kg   33,5

carne bovina                                       kg    23,5

carne di pollame                                kg    18,6

carne di coniglio e selvaggina        kg      0,8

Carne ovocaprina                              kg      1,6

Uova                                                      n. 210

Latte                                                      kg    80

pesce                                                    kg   13

Gli alimenti per animnali vengono poi utilizzati da un numero sterminato di allevatore ed agricoltori. Da qui la necessità che si conoscano, e bene, i rischi legati alla manipolazione dei mangimi.

E' un programma giusto per l'Italia.

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12 luglio 2011 2 12 /07 /luglio /2011 13:30

Il mangime contiene oltre 20 sostanze chimico-farmaceutiche necessarie per la nutrizione e la salute, in una parola, il benessere degli animali. Il mangime viene spostato in grandi quantità ed a grande velocità, vediamo normalmente i camion di mangime che transitano sulle autostrade, e dentro il loro cassone che contiene minimo 25.000 kg vi sono le singole razioni che ogni animale assumerà ogni giorno. Che mestiere difficile! E quando arriva a destinazione il camion scarica la quantità in un silos. L'allevatore prenderà da questo silos la quantità giornaliera per i suoi animali e la distribuirà, più o meno automaticamente, nelle mangiatoie. Fare la valutazione del rischio nei luoghi in cui si impiega il mangime è un obbligo di legge. Ma si fa? Assolutamente no. E questo è molto grave. Ma perchè è grave se anche negli altri paesi UE non si fa assolutamente niente?

Siamo in Italia, importiamo carne, uova e latte, abbiamo la nostra produzione tipizzata, che ci viene stracopiata da zootecnie molto, mka molto sfrille, ma con un apparato di difesa da bunker (e.coli in germania e subito tutti i tedeschi ad indicare verdura spagnola o italiana), ecco perchè ogni operatore della zootecnia italiana DEVE ottemperare ad un obbligo di legge. Noi abbiamo gli orchetti, loro (F, D, DK, UK, E) assolutamente no.

Noi italiani tipizziamo il prodotto. Ma che credenza può avere la ricerca della qualità se PRIMA non diamo, noi per primi, importanza alla sicurezza?

 

Io non mi stanco di sostenerlo e di praticarlo. Ma le associazioni sono contro a che si faccia la valutazione del rischio? Ma è anche con queste associazioni che siamo diventati importatori. 

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6 luglio 2011 3 06 /07 /luglio /2011 14:39

I marchi di prodotti alimentari, anche i dop, igs e via dicendo, hanno una opportunità relativa alla valutazione del rischio negli e degli allevamenti loro conferenti. C'è una norma che obbliga la redazione della valutazione, ma NON la si fa. Si è quindi scoperti. Ecco un'arma in mano all'industria europea attenta a non perdere neanche un centimetro del loro potere coloniale per mettere in difficoltà, e con una difesa veramente difficile, le produzioni che ancora insistono per restare sul territorio italiano.

Perchè restare scoperti?

Perchè non prendere, proprio come marchio, la bandiera, di essere coperti su questo frangente?

Ma anche all'estero sono scoperti. Ma che vuol dire, loro sono esportatori e non hanno gli orchetti con la missione di distruggere.

Io se fossi un marchio lo farei.

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6 luglio 2011 3 06 /07 /luglio /2011 14:28

Calma, calma. Non è successo ancora niente. Cos'altro potevano fare per cercare di attutire l'orrorrifico boato degli insuccessi alimentari del nordo UE? Le mozzarelle blu, fabbricate in Germania, la diossina ritrovata in  tutte le derrate di specie da reddito (quindi presenti anche nei pet) per l'uso colposo di olii minerali industriali, sempre in Germania anche se era successo una decina di anni fa anche in Belgio (quindi è una prasi dei paesi nordici), e gli hamburger fabbricati in Francia con carne tedesca. Ma perchè non ricordare il clenbuterolo in spagna? Se non vado errato ci sono stati degli sportivi che hanno risposto che la colpa del clenbuterolo trovato nelle loro urine derivava da ..... carne mangiata.

E non ricordare anche il mistero del E. Coli tedesco, con la patetica ricerca di colpevoli esteri?

Mentre infuriava la campagna diossina, con Russia ed altri paesi che hanno stoppato qualsiasi tipo di carne proveniente da Germania, da noi, l'unico paese importatore della UE, le autorità sanitarie hanno imposto un aumento delle analisi di diossina su qualsiasi tipo di prodotto, mentre non hanno mosso un dito sui trecento, dicasi trecento bilici di carne tedesca, che anche in quei momenti riforniva le industrie alimentari di trasformazione.

Quindi non è successo niente. Siamo lontani dall'informazione completa al consumatore degli ingredienti di ciò che compra. La Coldiretti informa che una mozzarella su due proviene dall'estero ed è fatta con latte non italiano, e che ben 3 prosciutti su 4 sono stranienri e con carne non italiana.

Questo non è niente di male se il consumatore viene correttamente informato, poi potrà spendere i propri euro come vorrà: lui è il re. Ma almeno vogliamo informarlo e co9me si deve? Continuo a dire che non è successo niente e che la norma verrà boicotatta, boicottata, boicottata.

Ho scommesso una pizza, fatta con grano proveniente dal marocco, con olio della tunisia e con pomodori algerini, e con mozzarella rigoramente in smoking blu tedesco.

 

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24 giugno 2011 5 24 /06 /giugno /2011 07:56

 

Da World Grain – 3/2011

 

Il titolo di un quotidiano che annunciava “code per il pane” nella tormentata Libia mi ha indotto ad evitare dei commenti di politica globale o questioni militari, per interessarmi, invece, sugli effetti, enormi e diretti, che le rivoluzioni arabe del 2011 avranno sul mondo cerealicolo.  Dopo tutto, i paesi dove sono scoppiate le rivolte registrano il consumo pro-capite di pane tra i più elevati del mondo. E, allo stesso tempo, queste stesse nazioni contano esclusivamente sull’importazione per fornire le industrie locali di produzione di farina. In molti casi, tali industrie hanno raggiunto la capacità attuale di produzione di farina solo negli ultimi dieci anni, ponendo fine all’era in cui questi paesi erano i maggiori importatori al mondo di farina.

 

L’Egitto, per esempio, uno delle prime nazioni nelle quali il dittatore di turno ha abbandonato sotto la pressione popolare, è il maggior importatore mondiale di grano. E’ troppo presto per dire come il nuovo governo si comporterà, nel comprare il grano necessario all’industria molitoria pubblica e/o privata. Prima della caduta di Hosni Mubarak le importazioni di grano per questa stagione erano stimate in circa 10 milioni di ton, il doppio del secondo importatore mondiale.

Nell’esaminare la situazione, è grande la tentazione di fare una comparazione tra grano e petrolio.

La rivolta in Libia, un paese che è un fornitore di petrolio all’Europa piuttosto piccolo, ha immediatamente causato un aumento importante nel prezzo del petrolio, che ha innescato poi il periodo attuale di grande volatilità. La Libia è stata un massiccio importatore di farina già da qualche anno.

Il disastrato Iraq è stato un altro grande “competitore” nelle quantità di farina da importare. E lo stesso vale per lo Yemen, un altro paese dove le rivolte sono velocemente scoppiate.

Dobbiamo prevedere grandi cambiamenti, che avranno sicuramente effetti diretti, sulle politiche che questi paesi adotteranno in campo cerealicolo.

 

L’Arabia Saudita, anche se solo formalmente sfiorata dalle proteste, rappresenta un caso unico, nella regione, quando si parla di grano, farina e pane.

Mentre qualche anno fa il paese era totalmente dipendente dall’importazione di farina, da non molto il reame si è dotato di un sistema molitorio che copre la domanda interna.

Ma, invece di importare il grano, dieci anni fa il governo decise di tentare l’esperimento di produrre grano in Arabia (estremamente improbabile) e, per supportare tale esperimento, garantirono ai produttori locali un prezzo triplo di quello internazionale. Due anni fa, dopo aver speso una fortuna in acquisti di tecnologia e di impianti (per non parlare dell’energia necessaria all’irrigazione) i sauditi hanno cambiato idea, stoppando l’esperimento e tornando unicamente all’importazione. Il ritorno dell’Arabia Saudita nel mercato del grano ha coinciso con un innalzamento dei prezzi internazionali, preoccupati sulla disponibilità globale. A causa di questo, i Sauditi hanno preso due nuove decisioni: fortissimi investimenti nelle capacità di stoccaggio presso i loro porti d’arrivo; e l’acquisto di terreni (Indonesia e Brasile, lotti di terreno grandi il doppio della Lombardia) dove coltivare il grano destinato all’Arabia.

 

E’ vero che il cuore pulsante delle rivoluzioni arabe è la richiesta di libertà e di lavoro, non tanto le code per il pane, la scarsità di cibo o i suoi prezzi. Tuttavia i nuovi leader di ognuna di queste nazioni sanno dell’importanza di una disponibilità adeguata di grano, per costruire le nuove nazioni ed i nuovi governi per i quali si è combattuto. A differenza dei dittatori od autocrati precedenti, guidati unicamente dal proprio ego e dall’avidità, i nuovi leader prenderanno nuovi indirizzi che guideranno le loro strategie alimentari. E ciò influirà direttamente sul business cerealicolo globale.

 

Morton I. Sosland

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10 giugno 2011 5 10 /06 /giugno /2011 09:59

pesce manta trasporto far eastpesce trasporto far eastpic06334.jpgle riflessioni sul lato oscuro sono relative alle difficoltà dell'esercitare un'attività della filiera zootecnica in Italia nei confornti della UE, in quanto paese importatore con un apparato sovraesposto, e nei confronti dei paesi extra UE, dove non vigono le stesse regole, ma accordi commerciali permettono, ed è una grande cosa, la libera concorrenza.

Da qui l'importanza che l'informazione corretta al consumatore DEVE diventare l'esigenza vitale per coloro che operano e vogliono perseverare nell'operare in Italia nel settore zootecnico. E' il consumatore correttamente informato che può decidere di comprare salumi tedeschi (quando la germania vive momenti di allerta per la diossina). Ma questo fatto può esere aggirato se il salume è italiano, con tanto di tricolore, ma contiene la carne di maiale tedesca. Non che dobbiamo gioire delle disgrazie altrui, ma nemmeno essere totalmente naif, pernon dire altro.

Operare nel settore zootecnico in Italia (paese importatore di derrate alimentari per un valore pari all'importazione di petrolio) significa avere alle calcagna una serie di controllori. Ben vengano. Ma che il consumatore sappia che se acquista derrate italiane, acquista anche la sovrastruttura di controllo.

Faccio un esempio relativo al benessere animale durante il trasporto ed all'igiene che si deve mantenere. E l'esempio non lo faccio scrivendo ma con alcune immagini. Ognuno poi rifletta e si convinca che l'unica proposta operativa è "dare tutta l'informazione al consumatore".

uova trasporto far east

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9 giugno 2011 4 09 /06 /giugno /2011 15:41

Lato oscuro VII – Focus Risorsa vs. PA

La riflessione sulla professionalità della Risorsa responsabile della qualità è continuata.

Premesse:

-         il consumo non avrà possibilità di venire rilanciato per la mancanza della pulsione ed il desiderio al consumo (vedi lettura dr. De Rita);

-         il settore nel quale operiamo ha cambiato totalmente le regole del gioco nella Ue, ma non con la stessa intensità ed armonia, e si scontra con altri territori in cui ancora vigono regole da noi non più corrette. La regola del gioco nella Ue è il passaggio da un regime autorizzativo all’autocontrollo;

-         il distacco tra teoria ( e obsolete credenze) e pratica si sta allargando ad una velocità alla quale non eravamo e non siamo preparati.

Risultato:

L’atteggiamento e il comportamento della Risorsa qualità e la PA (pubblica amministrazione) è oggi fattore critico di successo o insuccesso.

 

Risorsa qualità – Normalmente si visualizza una persona. Il ruolo/funzione ha come attributo di base il saper aggregare quanto ogni risorsa dell’attività partecipa all’ottenimento della qualità. E’ sufficiente che una sola risorsa, in una anche piccola operazione, non rispetti quanto convenuto per annullare e/o diminuire (vanificare) gli sforzi di tutte le altre risorse. La risorsa con un attributo di base che si va affinando attraverso una continua attività di R&D costituisce e costituirà VALORE per questa specifica figura professionale oggi oscurata da enti vari di certificazione e quant’altro.

PA – Un comportamento legato alla dimostrazione dell’essere e della giustificarsi, attraverso verbali, verbalini o interpretazioni meramente burocratiche è uno degli elementi dei fattori critici di insuccesso in un’area caratterizzata da comportamente differenti (UE) o completamente differenti (area extra UE).

 

Ho utilizzato la mappa, che può essere visualizzata nell’albun delle immagini del blog, che potrà, se del caso, essere approfondita.

 

posizionamento pa vs rs

 

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4 giugno 2011 6 04 /06 /giugno /2011 09:50

puntualmente come la cartella delle tasse ogni due anni, al massimo, passa la cometa della pandemia e sempre legata all'alimentare. La pandemia fa innalzare le quotazioni delle industrie farmaceutiche. La paura della pandemia, che nessuno l'ha vitsta, si scongiura con una specie di comunione fatta di pastiglie, tisane regolarmente comprate in farmacia, pastiglie e pastigliette di svariati colori.

Adesso c'è il buon vecchio E. coli. Endemico. Qui si tratta, dicono, di una specie superforte, super resistente. La zona è circoscritta. L'acqua è stata esclusa. Un ceppo da umani così forte non può che provenire da rifiuti umani. Una mutazione dall'animale all'umano mi pare francamente difficile. Sarei curioso di ricercare punti di contatti con rifiuti di comunità (ospedali, cliniche, ed altro) con l'acqua e l'aria che sono i veicoli. Le verdure non hanno barriere e quindi sono le prime. Mi ha molto colpito la morte della vegetariana convinta e sinceramente me ne dispiace e non trovo alcun legame tra fede in una alimentazione vegetariana e questa morte. resta il fatto che il nostro organismo non è fatto per essere solamente vegetariano. cercare di modificare l'organismo umano in vegetariano si rischia l'indebolimento, di annullare l'effetto allarme, denominazione che abbiamo creato internamente che vale nel due casi:

1 - se impiego antibiotici (compresi disinfettanti) per tenere i patogeni bassi, costringo la flora simbionte alla debolezza: perchè tentare di difendersi quando c'è qualcuno altro (l'antibiotico) che lo fa per me. E poi arriva lo sganassone!

2 - Se non impiego niente e faccio vivere nella asetticità mantengo uno stato di debolezza sempre la flora simbionte. al minimo arrivo di un patogeno davvero piccino picciò può arrivare la catastrofe.

In ambedui casi la soluzione è fortificare sempre e comunque la flora simbionte, il grande patrimonio che esiste e ci fa stare bene per produce e produce alla grande: da qui la prebiosi sempre e comunque indirizzata agli "ole" affinchè la flora simbionte dia ancora ed ancora ed ancora di più.

Ci mancava il salame di cervo. Il campione è stato inviato da austria a roma per avere la conferma dell'analisi e la tipizzazione del ceppo di E. coli.

E la battaglia commerciale dell'alimentare continua. Con noi italiani che al riguardo, vivaiddio, non "possiamo" controllare ciò che viene dall'estero, dalla comunità poi "è proibito".

 

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27 maggio 2011 5 27 /05 /maggio /2011 09:30

Il lato oscuro V

Risorsa – Ruolo – Funzione

 

Mica facile! Ho incontrato un buon numero di risorse per la gestione della qualità di siti produttivi produttori e/o utilizzatori di alimenti poer gli animali da reddito. Gestire la qualità della produzione e dell’utilizzazione degli alimenti per animali è il ruolo più difficile in assoluto.

Le difficoltà sono rappresentate, ad esempio:

-         dalle quantità

-         dalla velocità del processo e dalla logistica

-         dalla continua movimentazione dell’alimento

-         dalla complessità del ciclo tecnologico

-         i lotti sono da 5 tonnellate, il trasporto da 25 tonnellate la dose unitaria di un pollo è di 100 grammi, di un suino 2 chili.

-         Dalla quantità abnorme degli ingredienti dell’alimento, che si debbono riscontrare nella dose unitaria

-         Dalla diversa età degli impianti

-         Dalla diversa età delle risorse impiegate nella filiera

-         Dall’inizio della produzione industriale che nasce nel 1960

-         Dai diktat di tecnici nutrizionisti e veterinari che sono detentori di potere decisionale senza conoscere i p0unti critici del ciclo tecnologico.

-         Dall’età degli imprenditori e della loro stanchezza

-         Dallo scollamento tra università e centri di ricerca sempre più vistosamente “altrove”

-         Dal confronto con la pubblica amministrazione che pretende di essere ubbidita e accontentata anche con richieste del tutto personali, astruse e ridicole che richiedono impiego di risorse quando “non c’è più trippa per i gatti”.

-         Da altro, e altro, e altro, e altro ancora ……

Seppure in presenza delle difficoltà la funzione ed il ruolo restano un fondamentale per poter ottenere dei vantaggi e del valore nella produzione italiana di alimenti. Questo è il punto critico sul quale concentrare OGNI progetto di R&D interno alla filiera. Purtroppo le università o i centri di ricerca (definizione davvero surreale) sono di scarsissimo aiuto. La conoscenza è nella consapevolezza di ogni risorsa che opera ogni giorno in ogni procedura operativa. E’ un lavoro arduo ma è l’unica risposta intelligente. Quando mi chiedono la mia personale opinione sulle caratteristiche della risorsa rispondo “ascoltare e saper aggregare”.

Mica facile!

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19 maggio 2011 4 19 /05 /maggio /2011 12:58

Il lato oscuro III – Il consumatore

 

Il consumatore per la sicurezza alimentare è IL controllore massimo. E’ colui che ad esempio prima di acquistare una scatola con 6 uova verifica: il prezzo, l’origine e la scadenza. Se poi a casa trova anche un solo uovo sporco o danneggiato lo fa presente a chi gli ha venduto la scatola, quindi è il RE delle non conformità per ogni specifica tecnica del prodotto. E’ il RE perché non ragiona a lotto ma a singolo pezzo.

Faccio alcuni esempi di consumatore:

              I.      Acquirente del dettagliante o del grossista

           II.      Utilizzatore della derrata di carne per farne bistecca o carne trita o insaccati, vuoi per il colore, la presenza di acqua oppure per il trasporto.

         III.      Macellatore dell’animale vivo per come si presenta l’animale, sulla resa, sugli aspetti della carne come di ogni bestia e relativo trasporto.

        IV.      Allevatore che riceve e utilizza il mangime, lo vede scorrere, lo annusa, talvolta lo assaggia, ne misura quotidianamente la resa sull’animale. Può dire se tutto gli va bene circa la metodologia per il trasporto e lo scarico del mangime presso il suo silos. Se il mangime è in sacchi, apre ogni singolo sacco e guarda la qualità per ogni presa di sessola.

           V.      Mangimista che riceve ed utilizza le premiscele ed i macroingredienti. Vede e giudica sacco per sacco e per ogni presa di sessola.

Ogni consumatore CONTROLLA EFFETTIVAMENTE ogni tappa del processo a monte e si prende la responsabilità per quanto succederà a valle. Le sue osservazioni sono le non conformità del sistema operativo.

Qualora le sue osservazioni fossero “numerose” il sistema operativo NON funziona.

Vogliamo definire insieme:

-         numerose? 5% del totale? Di meno?

-         Atteggiamenti e comportamenti dei consumatori nei diversi siti della filiera?

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